IL PIRIP...INRI E' TORNATO!

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Dopo lunghi anni di restauri la Goliardia Turritana potrà riammirare la famosa pala affrescata dal famoso ed istrionico artista sassarese: il Crocefisso del Ligabue, meglio noto come il “Pirip…inri”.
Ritrovata durante gli scavi della cantina del Principe Barrasone, l’opera, per volere dello stesso Pontefice Massimo, è stata sottoposta ad un meticoloso restauro da parte di un’autorevolissima equipe di imbianchini.
Sorella più recente (si tratta infatti di un’opera rinascimentale) di una precedente pala paleo-turritana, ahimè, andata perduta durante uno dei tanti cambi di sede della Fava Guadente, il Pirip…inri si ispira in maniera più che evidente al più famoso (ma non per questo artisticamente più alto) Crocifisso del Cimabue.
E’ un vino e mestruo virgineo su legno affumicato e presenta delle caratteristiche artistico-concettuali del tutto peculiari, tanto da renderla un’opera praticamente unica nel suo genere; colpisce innanzitutto il contrasto tra la staticità prospettico-frontale della croce (sormontata ai bracci e alla sommità dalle figure di Bacco, Tabacco e Venere, che sembrano sorreggere concettualmente lo stesso crocifisso) e la dinamicità longilinea ed essenziale della figura del martire, che presenta invece una prospettiva di tipo obliquo-laterale, quasi a sottolineare la differenza tra la fermezza e l’imponenza delle Goliardia come Istituzione e la caducità e la mutevolezza della Goliardia come individualità, intesa nella sua umana accezione.
Inequivocabile simbolo della Goliardia che tende al divenire ma che si abbarbica sulle radici delle sue stesse tradizioni, rappresenta il Principe Piripicchio (III° Pontefice del S.O.G.F.) che si immola al sacrificio goliardico, in quanto custode tra i custodi delle tradizioni, nell’atto più importante della Goliardia del divenire: il Conclave, inteso come simbolo di nuova rinascita e di costante tensione al futuro; egli infatti sacrifica le sue stanche membra perché il nuovo (il Pontefice eletto appunto) possa vivere e continuare a mantenere accesa la fiamma di N.S.M.G.
Il passaggio è chiaro nell’espressione del suo volto, trasfigurato in un’espressione di difficile lettura, quasi amletica, tanto che pochi anni dopo e con altrettanta maestria lo stesso Leonardo ne traspose il concetto nella Gioconda: è al contempo un sorriso per la gioia del Nuovo Avvento e la certa fierezza per aver compiuto il sacrificio che Madre Goliardia a tutti impone, ma è anche una smorfia di tragico dolore e sofferenza, naturale e terribilmente umana nello strazio del martirio.
Il contenuto allegorico si fa più forte e marcato nella parte bassa dell’opera, infatti il martire presenta le gambe di Pinocchio, lignee come la croce (quasi a sottolineare una diversità ma al contempo un’ identità con la stessa croce, così come tra l’individuo e l’Istituzione Goliardica).
Inequivocabile è invece il riferimento al fanciullo che percorre la strada della vita e diventa adulto ( Pinocchio appunto che da burattino si fa bambino, quindi “uomo” in senso lato, ma sempre fanciullo poiché Goliardia è eterna adolescenza), concetto che si visualizza manifestamente in una prospettiva di tipo verticistico e ascendente, quale è l’idea stessa di Goliardia: la parte bassa è burattino, la parte superiore, quella in prossimità delle Divinità, è umana.
Sull’argomento è da segnalare una diversa lettura che una critica minoritaria ha voluto dare a questa parte dell’opera: le gambe di Pinocchio rappresenterebbero una sorta di punizione e contrappasso dantesco, una metamorfosi di tipo Kafkiano per quello specifico Principe, che una certa corrente storica definì come il Mangiafuoco in un particolare momento della stessa storia della Goliardia Turritana.
In ultimo è da segnalare la singolarità della scritta al di sopra del capo del martire: è uno stralcio di una delle arringhe del Principe Zurlino, astruse e ermetiche per definizione, e quindi mirabilmente rese dell’artista assolutamente illeggibili al fine di sottolinearne l’assoluta incomprensibilità.
L’opera verrà al più presto esposta nella Sede dell’A.G.T., per visite guidante contattateci alla mail segnalata nel Blog.

UNIVERSITA' DI SASSARI

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Nel XVI secolo gli studenti sardi che intendevano addottorarsi e conseguire i gradi accademici erano costretti ad iscriversi nelle università italiane e spagnole. Così gli atenei di Pisa, Bologna, Siena, Pavia, Roma, Lerida e Salamanca divennero le sedi universitarie nelle quali gli studenti provenienti dall’isola frequentavano i corsi ed acquisivano quella cultura giuridica, teologica e scientifica che li poneva direttamente in relazione con la grande tradizione umanistica. Le città sarde, in particolare Sassari, si batterrono nei Parlamenti del 1543 e 1553 per l’istituzione nel Regno di una sede universitaria.
La nascita dell’Università di Sassari è legata alla figura di Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V, che si dal 1553 iniziò una corrispondenza con Ignazio da Lodola cui chiese che anche nella propria città natale venisse fondato un collegio gesuitico. Nel 1558 nel proprio testamento Fontana lasciò i suoi beni alla municipalità per l’istituzione di un collegio di studi.
Nel 1559 i gesuiti si recarono a Sassari dove verificarono la possibilità di apertura di una scuola superiore e di avvio dei corsi. Nel 1561 Pio IV concedeva con una bolla al generale della Compagnia il privilegio di graduare in filosofia e teologia anche gli studenti laici che avessero seguito i corsi all’interno del collegio. Il 9 Febbraio 1617 Filippo III concesse lo statuto di università regia al collegio gesuitico, limitatamente alla facoltà di arti e teologia, poi successivamente esteso a quella di diritto e di medicina. Con il diploma del 1617 Sassari sarebbe diventata la prima università sarda. Infatti Cagliari aprì i propri corsi solamente nel 1626.
Oggi l’Università di Sassari, che ha più di 19.000 studenti iscritti, conta undici Facoltà: Agraria, Architettura, Economia, Farmacia, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Lingue e Letterature Straniere, Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali e Scienze Politiche con corsi di laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie e Ambientali (Nuoro), Economia e Commercio, Farmacia, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, Giurisprudenza, Conservazione dei Beni Culturali, Filosofia, Lettere, Scienze dell’Educazione, Lingue e Letterature Straniere, Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Medicina Veterinaria, Chimica, Scienze Biologiche, Scienze Naturali e Scienze Politiche.
Sono inoltre attivi più di 30 corsi di Laurea Triennale, alcuni presso le sedi distaccate di Alghero, Tempio Pausania, Nuoro, Olbia e Oristano e 47 corsi di specializzazione, suddivisi tra le facoltà di Medicina (41), Veterinaria (2), Giurisprudenza (1), Farmacia (1), Scienze M.F.N. (1) e la Scuola per la formazione degli insegnanti di scuola secondaria.
Nell’anno 2004/05 sono stati avviati 20 corsi di Lauree Specialistiche.



Per ulteriori informazioni consultate il sito ufficiale dell’Università di Sassari:

LA DISCESA DEI CARRUZZI

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Appuntamento storico della Goliardia Turritana, eraditata dalla precedente associazione goliardica sassarese (l'A.T.U.) che già faceva scendere i suoi carruzzi nel primo dopoguerra, la “faradda dei Carruzzi” si celebra ogni anno in concomitanza con le ferie matricolari.
Tra ali festanti di folla e la vivissima apprensione dei parenti più stretti, carri variamente addobbati su telai muniti di cuscinetti a sfera (unica imposizione...il resto e’ tutta fantasia!) vengono fatti sfrecciare lungo viale Trento. Vi garantisco che la pendenza e’ veramente notevole.
A fine manifestazione vengono assegnati tre premi: Carruzzo piu’ bello, Carruzzo piu’ goliardico, Carruzzo piu’ veloce.
…detto questo...preferiamo lasciare spazio alle immagini.

IMMAGINI CARRUZZI *1

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